Quando la soluzione è peggiore del problema: le comunicazioni ai professionisti sanitari previsti dall’art. 13 della legge Gelli (24/2017)

Ernesto Macrì 1, Paolo D’Agostino 2

1Consulente legale SIOT; 2Università di Torino

L’orientamento giurisprudenziale della Corte di Cassazione che riconduceva tutta la responsabilità professionale sanitaria nell’alveo della c.d. “responsabilità contrattuale”, ha comportato che molto spesso il paziente agiva, sul versante civile quasi sempre – se non esclusivamente – nei confronti dell’Azienda sanitaria pubblica la quale affrontava il giudizio senza che il medico dipendente ne sapesse nulla: spesso, dopo molti anni, quest’ultimo si ritrovava a rispondere avanti alla Corte dei Conti delle somme pagate a titolo di risarcimento del danno dalla propria Azienda.

Rispondeva di fatti che lo riguardavano, ma di cui non aveva avuto alcuna notizia.

Su questo tema, la Legge 24/2017 (cd. Legge Gelli-Bianco) offre una soluzione all’art. 13 (rubricato: “Obbligo di comunicazione all’esercente la professione sanitaria del giudizio basato sulla sua responsabilità”): una disciplina che si sta rivelando, in concreto, di gran lunga più penalizzante rispetto al problema precedentemente esistente.

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