Giuseppe Barellai e i suoi gobbini: tracce nella genesi dell’ortopedia!

Nunzio Spina

DOI 10.32050/0390-0134-362

Sembra che tutto abbia avuto inizio con un quadro! Raffigurava il volto emaciato di due fanciulli, agonizzanti su un lettuccio di ospedale; esprimeva la silenziosa sofferenza di chi veniva colpito da una forma di tubercolosi extra-polmonare, inesorabile a quei tempi. Siamo nell’anno 1853; Firenze era ancora la fulgida capitale del Granducato di Toscana. Nei locali della Società medico-fisica fiorentina, il dottor Giuseppe Barellai – uomo di mente aperta e di animo nobile – intratteneva i colleghi, mostrando a loro quel quadro: “Volgete, o Signori, e fermate per qualche momento lo sguardo sopra il dipinto che mi sono permesso di esporvi”. Voleva stimolare il loro di animo, muoverli a compassione per quei tanti bambini che, vivendo in miseria e in pessime condizioni di igiene, erano irrimediabilmente preda della malattia. Colpì nel segno. Il ritratto divenne l’immagine simbolo che permise di raccogliere fondi per la costruzione di un ospizio marino sulla vicina riviera tirrenica. Fu il primo in Italia; tanti altri ne seguirono l’esempio.

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