In ricordo del Professor Lorenzo Giaccai

Massimiliano Salvi

Il Professor Lorenzo Giaccai, per me solo Lorenzo, è deceduto il 31 marzo del 2018, all’età di 97 anni.

Con Lui se ne va un altro pezzo della storia dell’Ortopedia italiana. La migliore.

Nato a Pescia il 27 Gennaio 1921, si laureò in Medicina e Chirurgia nel luglio 1946, dopo essere stato richiamato alle armi nel 1941, in qualità di Ufficiale degli Alpini.

Conseguì il diploma di Specialista in Ortopedia e Traumatologia nel 1952 presso l’Università degli Studi di Firenze e, nel gennaio 1954, fu nominato assistente di ruolo presso l’Istituto Ortopedico Toscano, diretto dal Professor Oscar Scaglietti 

Ottenne la Libera docenza nel maggio 1958.

Dall’aprile 1962 iniziò la propria attività presso il Centro Traumatologico Ortopedico INAIL di Firenze, dove, dal 1963, diresse una Divisione di 110 posti letto, in qualità di primario. Divenne Direttore della Clinica Ortopedica di Siena dall’anno accademico 1968-1969. Rientrato al CTO di Firenze, ricoprì la Cattedra di Traumatologia della strada.

Questa fulgida carriera, che lo vide protagonista dell’Ortopedia italiana ospedaliera e universitaria di quegli anni, non fu tuttavia, ciò che caratterizzò, per me, la figura del Professor Lorenzo Giaccai.

Ebbi la fortuna di conoscerlo, non ancora studente in Medicina e Chirurgia, quando incontrò e sposò mia madre nel 1974. Iscrittomi alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Firenze nel 1976, seguii immediatamente le sue orme, galvanizzato dal suo incontenibile entusiasmo e da un’energia che non aveva eguali. Da allora lo accompagnai costantemente durante le visite ambulatoriali e le sedute operatorie presso la Casa di Cura Villanova di Firenze e compresi ben presto che quell’uomo, apparentemente semplice e ingarbugliato, docile quanto lunatico, aveva qualcosa di geniale e di incomparabile.

Non era la scienza o la capacità di estrarre, da poco, quanto servisse per una pubblicazione, ma piuttosto un innato senso della malattia ortopedica e del paziente, unito a un’incommensurabile capacità tecnica. Nelle sue mani tutto era semplice, facile e rapido. E i risultati, quelli che contano davvero, sorprendenti. Le sue mani, esperte come quelle di un ebanista del ’700, iniziavano e finivano il lavoro con una rapidità che ancora oggi mi sorprende nel ricordo e mi commuove. Non era la fretta di terminare un intervento per la necessità di iniziarne un altro, non era noncuranza. Era piuttosto la conoscenza esatta di un obiettivo senza fronzoli a cui Egli doveva giungere per ottenere un’armonia funzionale, perfetta per quel Paziente.

Paragonare un’osteotomia tibiale alta eseguita dal Professor Lorenzo Giaccai, in quindici minuti di orologio, con un risultato clinico e radiografico impeccabile, senza planning preoperatorio e senza controllo fluoroscopico, a quella di qualsiasi altro Chirurgo ortopedico di oggi, sarebbe avvilente.

Una triplice artrodesi di caviglia sugli esiti di piede torto congenito di terzo grado, eseguita con 3 colpi di scalpello e due viti, in meno di 20 minuti, non mi è più capitato di rivederla.

La sua capacità di traumatologo nella riduzione manuale e chirurgica delle fratture complesse degli arti fu proverbiale e tuttora ricordata. “È arrivata una frattura complessa di femore che non riusciamo a ridurre. Chiamate Giaccai”, era il laconico messaggio che echeggiava quotidianamente al Pronto Soccorso del CTO di Firenze in quegli anni.

Fu il primo, tra gli Allievi del Professor Scaglietti, a intuire l’importanza della Chirurgia protesica dell’anca, allora bandita dalla Scuola e ad attuarla routinariamente all’Ospedale di Pescia, pur suscitando le ire del Caposcuola.

Divertente e ironico, quanto maldestro nei rapporti interpersonali, soffrì soprattutto della comprensibile impossibilità di trasmettere la destrezza chirurgica che lo caratterizzava ai suoi allievi, tra i quali io ho avuto l’onore di annoverarmi, seppure afflitto dalla medesima deficienza.

Dopo tanti anni, ancora oggi lo ricordo come il più grande Chirurgo ortopedico che io abbia avuto modo di vedere all’opera, tra i tanti che ho visto in tutto il mondo. Non certamente il più colto, né tanto meno, il più affabile.

Ma se dovessi scegliere un Ortopedico da cui farmi operare, aspetterei certamente la mia morte, per affidarGli le mie spoglie sciancate.

Lascia Stefania, sua unica figlia, che abbraccio.

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