Introduzione
La protesi inversa di spalla (RSA) sta acquisendo sempre maggiore popolarità a livello globale come trattamento per diverse condizioni traumatiche e degenerative dell’articolazione gleno-omerale, incluse le artropatie della cuffia dei rotatori 1,2. Negli Stati Uniti, il numero di procedure di artroplastica totale di spalla inversa (RTSA) eseguite è aumentato significativamente, passando da 22.835 nel 2011 a 62.705 nel 2017. La RTSA è stata descritta per la prima volta da Beddow e Alloy nel 1970. L’obiettivo principale di questa procedura è distalizzare e lateralizzare il centro di rotazione della spalla 3, consentendo un’ottimale tensione del deltoide e un miglior effetto leva 2. Ciò migliora la capacità del deltoide di abdurre l’arto superiore, compensando la carenza funzionale della cuffia dei rotatori 1.
La protesi è composta da tre componenti principali 2:
- un baseplate glenoideo concavo che può avere differenti conformazioni in base al design a livello dell’interfaccia ossea:
- standard flat baseplate, design lineare e piano;
- curved baseplate, curvatura studiata per seguire la morfologia ossea scapolare;
- augmented baseplate, inclinazioni e spessori variabili per correggere l’erosione ossea;
- offset baseplate, permette variabilità nella medializzazione o lateralizzazione della glenosfera;
- ottimizzando la biomeccanica protesica;
- convertible baseplate, compatibile sia con protesi anatomiche sia con protesi inverse;
- keeled baseplate con estensione posteriore per maggiore stabilità primaria.
- Una glenosfera convessa.
- Una componente prossimale omerale concava.
Nonostante il successo della RTSA, questa procedura è associata a diverse complicanze, tra cui fratture 4, infezioni (segnalate nell’1-10% dei casi), instabilità (3,6%), lesioni nervose 5, notching scapolare 1 e fallimento del metal-back baseplate glenoideo, che possono richiedere una revisione chirurgica con innesti ossei e viti di bloccaggio. Altre complicanze includono fratture periprotesiche intraoperatorie, lesioni vascolari e ossificazioni eterotopiche.
In questo caso clinico, riportiamo una complicanza mai descritta prima: la mobilizzazione post-traumatica della glenosfera dovuta alla rottura dell’anello di connessione tra la glenosfera e il metal-back baseplate glenoideo.
Caso clinico
Presentazione del caso
Presentiamo il caso di un paziente di sesso maschile che si è presentato al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Ravenna con una lussazione anteriore traumatica dell’articolazione gleno-omerale in una spalla precedentemente trattata con riparazione della cuffia dei rotatori (i dettagli del precedente intervento non erano documentati). Agli esami radiografici si è evidenziata inoltre una artrosi gleno-omerale. È stata eseguita con successo una riduzione chiusa e il paziente è stato dimesso con un tutore a Desault, con follow-up programmato.
Sei mesi dopo, le radiografie e la TC della spalla destra hanno rivelato un grave peggioramento dell’artrosi gleno-omerale già preesistente. All’ E.O. contestuale si è diagnosticata una pseudoparalisi secondaria ad artropatia della cuffia dei rotatori, con significativa limitazione del range di movimento (ROM). Sulla base di questi risultati, si è deciso di procedere con una RSA.
Procedura chirurgica
L’intervento è stato eseguito con successo utilizzando il sistema LIMA SMR Reverse®: un metal-back baseplate (small R), una glenosfera standard da 44 mm con connettore lateralizzante +2 mm, uno stelo SMR e un inserto omerale medio. Nel postoperatorio, la spalla ha dimostrato un’ottima stabilità e ROM. Il paziente è stato dimesso con il protocollo postoperatorio standard, che prevedeva l’immobilizzazione con un tutore per 15 giorni, seguita da una mobilizzazione progressiva.
Prima revisione
Al follow-up postoperatorio a 1 mese, le radiografie hanno mostrato la mobilizzazione del metal-back baseplate glenoideo (Fig. 1) e il paziente ha riferito dolore senza una causa apparente. Come raccomandato dalla letteratura, si è optato per una revisione della RSA utilizzando una ulteriore RSA 6,7.
Durante l’intervento di revisione, non erano presenti segni clinici di infezione. È stata osservata una migrazione superiore della componente glenoidea, e il metal-back è stato rimosso senza difficoltà. È stata impiantato un nuovo baseplate LIMA AXIOMA® standard con PEG lungo (24 mm), fissata con due viti, e una glenosfera standard da 44 mm con connettore lateralizzante +2 mm. Lo stelo omerale era stabile, e l’inserto omerale è stato sostituito con uno corto. La stabilità intraoperatoria e il ROM erano eccellenti. La gestione postoperatoria ha seguito lo stesso protocollo dell’intervento iniziale.
Decorso postoperatorio
Nei primi tre mesi dopo la revisione, il paziente ha avuto tre episodi di dislocazione protesica, tutti ridotti con manovre chiuse. Non si sono verificate altre complicanze significative.
Seconda revisione
Circa 14 mesi dopo la revisione, il paziente si è presentato a una visita di follow-up dopo aver subito un trauma alla spalla. Le radiografie hanno evidenziato la mobilizzazione della glenosfera, e la TC preoperatoria ha confermato la diagnosi (Fig. 2), rendendo necessaria un’ulteriore revisione chirurgica.
Intraoperatoriamente, è stata identificata una dislocazione supero-anteriore della glenosfera, insieme alla mobilizzazione della vite craniale del baseplate. Non vi erano segni di mobilizzazione dello stelo omerale o dell’inserto. Erano presenti esteso tessuto cicatriziale e metallosi periprotesica, con metallosi anche all’interno del connettore della glenosfera (Fig. 3).
La glenosfera, la vite di bloccaggio, il connettore e l’inserto omerale sono stati rimossi (Fig. 4). All’esame dei componenti, è stata identificata la rottura dell’anello di connessione della glenosfera come causa della mobilizzazione. L’area è stata abbondantemente irrigata e sono state prelevate colture intraoperatorie.
Revisione finale
È stata impiantata una vite craniale più lunga nel metal-back baseplate e una nuova glenosfera standard in polietilene da 44 mm con connettore standard, fissata con una vite di bloccaggio. È stato inoltre impiantato un inserto omerale lateralizzante. La stabilità intraoperatoria e il ROM erano eccellenti (Fig. 5).
Gestione postoperatoria e risultati
Il protocollo postoperatorio ha incluso l’immobilizzazione con un tutore per 30 giorni, seguita da una riabilitazione attiva e passiva progressiva per il recupero del ROM. Le radiografie postoperatorie erano soddisfacenti e non sono state riportate ulteriori complicanze nei follow-up successivi.
Discussione
La RSA è un’opzione affidabile per il trattamento delle lesioni irreparabili della cuffia dei rotatori e dell’artrosi gleno-omerale 1, sebbene comporti il rischio di diverse complicanze.
Le evidenze scientifiche più recenti dimostrano che la RSA presenta un tasso di sopravvivenza superiore al 90% a un follow-up minimo di 10 anni 8.
I tassi di complicanze associati a RSA variano tra l’8% e il 22%, risultando leggermente superiori a quelli della protesi totale di spalla (TSA), che si attestano tra il 12% e il 14,7%. Nel trattamento delle complicanze della RSA, la percentuale di re-interventi che non richiedono la sostituzione di alcuna componente protesica è pari a circa il 6%, mentre il tasso di revisioni che comportano la modifica delle componenti protesiche è del 4% 9.
Le principali indicazioni per una revisione chirurgica includono 7,10:
- mobilizzazione componente omerale 21-33% 11,9;
- mobilizzazione componente glenoidea 13-27% 11,9;
- instabilità 21-38% 11,9;
- fratture peri-protesiche 15% 11;
- dolore 3% 11;
- infezioni 1-22% 12,9.
Frequente è la necessità di una seconda revisione chirurgica dopo il reimpianto protesico iniziale della protesi (27%), con l’instabilità (44%), il fallimento della componente omerale (22%) e il fallimento della componente glenoidea (22%) come le tre principali cause 11.
Rispetto alla RSA primaria, l’intervento di revisione di RSA è associato a una qualità di vita inferiore, a una minore soddisfazione del paziente e a una maggiore incidenza di complicanze 9.
Nel nostro caso, la causa di entrambe le revisioni è stata il fallimento della componente glenoidea, riconosciuta come fra le principali cause di re-intervento 13,8. Tuttavia, in questa circostanza evidenziamo un meccanismo di fallimento insolito: la rottura dell’anello di connessione tra la glenosfera e il metal-back glenoideo, con conseguente mobilizzazione della glenosfera e fallimento dell’impianto.
Middernacht et al. hanno evidenziato che l’incidenza di disconnessione della glenosfera dal baseplate nelle RSA è del 3,2% e può rappresentare una grave complicanza. La disconnessione può essere parziale, quando si osserva un evidente spostamento della glenosfera senza rottura o disassemblaggio dell’impianto, oppure totale, come descritto in alcuni casi di frattura della vite centrale di connessione, che ha determinato il distacco completo della componente glenoidea dal baseplate. L’incidenza della disconnessione parziale è risultata pari all’1,7%, mentre quella della disconnessione totale allo 0,6% 14.
Nella nostra esperienza, i reperti intraoperatori di metallosi e tessuto cicatriziale suggeriscono un processo cronico 15 e progressivo di allentamento dovuto al fallimento del componente.
Nonostante il fenomeno della metallosi sia di riscontro maggiore nella chirurgia protesica di anca e ginocchio, Rondon et al. hanno descritto un caso di metallosi su RSA in cui l’usura del polo inferiore dell’inserto in polietilene ha portato al contatto metallo-metallo fra glenosfera e componete omerale, esitando in una reazione tissutale 16.
Per affrontare questa complicanza, è stata necessaria una ri-revisione chirurgica. Nel contesto degli interventi di revisioni e di protesi inverse di spalla, Lo et al. enfatizzano l’importanza di un’accurata preparazione preoperatoria associata alla conoscenza dell’anatomia e delle caratteristiche dell’impianto in situ per ridurre le difficoltà intraoperatorie 17.
Questo case report sottolinea l’importanza di un attento monitoraggio postoperatorio nei pazienti sottoposti a RSA e suggerisce che il fallimento meccanico delle componenti protesiche, sebbene raro, debba essere preso in considerazione in presenza di instabilità ricorrente.
Conclusione
Il caso clinico riportato presenta una rara complicanza di mobilizzazione post-traumatica della glenosfera dovuta alla rottura dell’anello di connessione, con metallosi associata, in un paziente sottoposto a RTSA. Una tecnica chirurgica adeguata, una gestione postoperatoria attenta e il riconoscimento precoce delle complicanze protesiche sono fondamentali per ottimizzare i risultati in questi casi complessi.
Storia
Ricevuto: 21 febbraio 2025
Accettato: 4 aprile 2025
Figure e tabelle
Figura 1. TC della spalla destra, coronale. Mobilizzazione del metal-back glenoideo.
Figura 2. TC della spalla destra, coronale. La glenosfera è visibile e risulta dislocata superiormente e anteriormente.
Figura 3. Immagine intraoperatoria, metallosi periprotesica e tessuto cicatriziale. Il metal-back glenoideo è coperto e non visibile.
Figura 4. Immagine intraoperatoria. Glenosfera, vite di bloccaggio, connettore e inserto omerale rimossi. L’anello di connessione è rotto e presenta metallosi al suo interno.
Figura 5. RX post-operatoria a seguito della revisione protesica.
