Introduzione
Il trattamento gold standard per le infezioni croniche periprotesiche (PJI) è la revisione in due tempi o two-stage in cui la prima fase prevede la rimozione della protesi infetta, la pulizia dell’osso e i tessuti molli da ogni traccia visibile di infezione e, generalmente, il successivo impianto dello spaziatore in cemento antibiotato. Durante questa fase il paziente è sottoposto a una opportuna terapia antibiotica sistemica germe-specifica 1,2.
L’utilizzo dello spaziatore in cemento permette di ottenere sia un rilascio locale di antibiotico, sia il mantenimento della lunghezza e della mobilità dell’arto interessato durante tutto il periodo di attesa necessario per l’eradicazione dell’infezione.
Altri potenziali benefici degli spaziatori includono una migliore funzionalità dell’arto e minor dolore durante l’intervallo tra i due interventi, nonché l’accorciamento dei tempi intra-operatori del second-stage chirurgico grazie alla riduzione della fibrosi intra-articolare e della retrazione muscolo-tendinea 3-6.
Tuttavia, si possono verificare diverse complicanze, come: colonizzazione batterica dello spaziatore 7, lussazione, migrazione o rottura dello spaziatore, fratture di femore e perdita di sostanza a livello acetabolare 8-10.
Per questi motivi, è lecito chiedersi se nel trattamento two-stage delle infezioni periprotesiche d’anca sia opportuno utilizzare o meno uno spaziatore in cemento antibiotato prima del reimpianto.
Il trattamento delle infezioni croniche dell’anca senza utilizzo dello spaziatore rimane una valida alternativa terapeutica in pazienti per i quali a causa di una eccessiva perdita di osso o deficit degli adduttori dell’anca, l’utilizzo dello spaziatore sarebbe gravato da probabili complicanze. In tali circostanze è ipotizzabile che il successivo reimpianto possa essere ostacolato dalla retrazione della muscolatura e dalla dismetria degli arti inferiori, con conseguente peggioramento della funzionalità 11.
Sebbene esistano apparenti pro e contro all’utilizzo dello spaziatore sono pochi gli studi in Letteratura che mettono a confronto il trattamento two-stage eseguito con e senza utilizzo dello spaziatore in cemento 1,12.
Lo scopo di questo studio è stato confrontare l’andamento clinico dei pazienti sottoposti a procedura di Girdlestone e dei pazienti in cui è stato utilizzato uno spaziatore in cemento antibiotato per il trattamento delle PJI dell’anca. In particolare, abbiamo cercato di determinare se l’utilizzo di uno spaziatore permetta di ottenere un risultato funzionale e radiografico migliore e quale procedura permette di ottenere un minor tasso di recidiva locale dell’infezione.
Materiali e metodi
È stato condotto uno studio osservazionale retrospettivo per valutare i risultati funzionali e il controllo delle infezioni nel trattamento delle infezioni periprotesiche delle protesi totali d’anca (PTA). Lo studio ha analizzato i benefici e le possibili complicanze che si possono osservare seguendo un approccio two-stage che prevede l’utilizzo o meno di un cemento spaziatore durante l’intervallo tra le due fasi.
Sono stati selezionati un totale di 67 pazienti, operati presso IRCCS - Policlinico Sant’Orsola di Bologna dal 2015 al 2021, con diagnosi di infezione periprotesica.
I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi: in 36 casi è stato utilizzato uno spaziatore in cemento antibiotato (spaziatore G -Tecres SpA, Verona, Italia) (gruppo A), mentre nei restanti 31 pazienti non è stato utilizzato (gruppo B).
La diagnosi di infezione è stata posta sulla base dei criteri definiti dalla Musculoskeletal Infection Society (MSIS) che prevede l’analisi di parametri sierici (Proteina C-reattiva, D-dimero e VES), sinoviali, anatomopatologici e colturali per determinare il grado di infezione.
Come da protocollo, la protesi infetta espiantata durante la prima fase è stata inviata ai servizi di microbiologia per la ricerca del patogeno responsabile mediante sonicazione 14-16, insieme a campioni biologici di osso e tessuti molli per effettuare esami colturali per antibiogramma.
Sulla base di quest’ultimo esame, i batteri sono stati suddivisi in: patogeni ad alta virulenza (Staphylococcus aureus - SA e Enterococcus spp., Pseudomonas Aeruginosa) e patogeni a bassa virulenza (Staphylococci coagulasi negativi - CoNS, Staphylococcus epidermidis - E).
In assenza di precedenti indicazioni infettivologiche riguardanti la terapia antibiotica, il paziente subito dopo l’espianto, è stato trattato inizialmente con antibiotici ad ampio spettro e successivamente, a seguito dell’esito dell’antibiogramma, si è selezionato il farmaco a cui il patogeno era più sensibile.
La possibilità di utilizzo di uno spaziatore è stata valutata in base alle comorbidità del paziente e delle caratteristiche dei difetti ossei e muscolari residui. Nei pazienti che presentavano difetti ossei acetabolari (tipo 2B-C o 3) o del femore (tipo 3) secondo la classificazione di Paprosky, non è stato possibile procedere all’impianto dello spaziatore a causa delle possibili complicanze come lisi acetabolare o frattura dello spaziatore stesso 17, 18.
Nel primo gruppo lo spaziatore è stato mantenuto per un periodo di almeno sei settimane, durante il quale è stata concessa la deambulazione senza carico e raccomandato l’utilizzo di un tutore per l’anca.
Nei casi in cui l’evidenza clinica ha mostrato segni di infezione persistente, sono state eseguite ripetute pulizie chirurgiche con rinnovo dello spaziatore e proseguimento della terapia antibiotica.
Si è proceduto alla seconda fase del trattamento two-stage solo quando dopo un periodo sospensione della terapia antibiotica di almeno due settimane non fossero presenti evidenze laboratoristiche (livelli di proteina C-reattiva) e cliniche di infezione residua 19.
La misurazione della dismetria degli arti inferiori si è basata sulla differenza di altezza tra la linea inter-teardrop e la sua linea parallela passante per il piccolo troncantere di ciascun lato, mentre il calcolo della discrepanza dell’offset si è basato sulla differenza tra l’offset del reimpianto e quello dell’arto controlaterale (Fig. 1).
Al follow-up finale, la valutazione della funzionalità di tutti i pazienti sopravvissuti è stata eseguita utilizzando l’Harris Hip Score modificato (HHS) 21.
Gli esami ematochimici, inclusa la PCR, sono stati eseguiti una volta al mese durante il primo anno dall’intervento, mentre la valutazione clinica dei pazienti è stata effettuata ogni tre mesi durante il primo anno e successivamente una volta all’anno con radiografie antero-posteriori del bacino.
Il successo dell’eradicazione dell’infezione è stato definito secondo Fillingham et al. 20.
Le statistiche descrittive sono state riportate come numero (percentuale) o media (deviazioni standard e intervallo), a seconda dei casi. Il confronto delle variabili continue è stato eseguito utilizzando il test U di Mann-Whitney e il confronto delle variabili categoriche è stato eseguito utilizzando il test del Chi-quadrato. I valori P ≤ 0.05 sono stati considerati significativi. Le analisi statistiche sono state eseguite utilizzando IBM SPSS Statistics per Windows (ver. 22.0; IBM, Armonk, NY, USA).
Risultati
Nella presente casistica di 67 pazienti trattati, 36 pazienti sono stati sottoposti a revisione two-stage con impianto di uno spaziatore con cemento antibiotato (gruppo A) (Fig. 2), mentre nei restanti 31 pazienti non si è utilizzato lo spaziatore (gruppo B) (Fig. 3) (Tab. I).
L’intervallo tra il primo e il secondo intervento nel gruppo A è durato una media di 110 giorni (range 60-185), mentre nel gruppo B è stato di 142 giorni (range 66-321) (p = 0,074).
La degenza ospedaliera dopo il primo intervento è stata mediamente più breve di 8 giorni nel gruppo A (13,9 ± 7) rispetto al gruppo B (21,8 ± 19,5) (p = 0,044).
Durante il primo intervento per una sicura rimozione dello stelo femorale e una corretta rimozione di tutti i residui di cemento all’interno del canale femorale è stata eseguita una osteotomia trocanterica estesa in 16 (44,4%) pazienti del gruppo A e in 12 (38,7%) pazienti del gruppo B.
Nel gruppo A si sono verificate alcune complicanze come una lussazione dello spaziatore, trattata con riduzione incruenta e una frattura diafisaria del femore che ha necessitato di un intervento di sintesi chirurgica. In 7 casi non si è raggiunto il controllo locale dell’infezione dopo il first stage, per cui sono stati trattati con un’ulteriore pulizia chirurgica e rinnovo dello spaziatore.
Nel gruppo B si sono verificate alcune complicanze minori, tra cui 4 ematomi e 2 deiscenza della ferita, gestite in modo conservativo.
Di tutti i pazienti compresi nello studio, 57 pazienti (85,1%) sono stati sottoposti a reimpianto della protesi d’anca dopo un periodo medio di 125 giorni (range 60-321); nello specifico nel gruppo A si sono reimpiantati 34 (94,4%) pazienti a differenza del gruppo B in cui solo 23 pazienti (74,2%) hanno completato la seconda fase del trattamento. Infatti, nel gruppo B, 8 pazienti non sono arrivati alla seconda fase del trattamento, perché non candidabili all’intervento chirurgico a causa dell’elevato rischio anestesiologico per cui si è ritenuto più opportuno mantenere l’anca in Girdlestone a tempo indeterminato. Di questi, 6 pazienti hanno mostrato remissione completa dell’infezione, mentre 2 hanno sviluppato un’infezione cronica. La durata media della terapia è stata 59,4 giorni (range 42-87), con una durata più lunga della terapia nel gruppo A (media 73,8 giorni, range 42-87) rispetto al gruppo B (media 49,4, range 46-79 giorni) (p = 0,049).
Dodici pazienti, tra gruppo A e gruppo B, a causa un’infezione multi-batterica sono stati trattati con una terapia antibiotica più aggressiva e di maggiore durata. I patogeni più frequenti sono riportati nella Tabella II.
Quattro pazienti sono deceduti per cause non correlate al trattamento.
Tra tutti i pazienti sottoposti a reimpianto, la recidiva di infezione si è verificata in 6 pazienti (10,5%), 4 pazienti (11,7%) nel gruppo A e 2 pazienti (8,7%) nel gruppo B. Due di questi pazienti sono stati sottoposti a una seconda revisione two-stage, mentre 4 pazienti sono stati trattati solo con terapia antibiotica soppressiva a lungo termine.
Al follow-up finale, dopo una media di 42 mesi (range 24-85), sono stati valutati dal punto di vista funzionale i 51 pazienti con PTA in sede, ben posizionata, senza segni di recidiva di infezione.
I pazienti del gruppo A hanno mostrato una migliore funzionalità rispetto a quelli del gruppo B (media HHS 77,1 vs 56,2, p < 0,001). In aggiunta, si è osservato un peggiore risultato funzionale in 8 pazienti del gruppo B che per necessità internistiche sono stati lasciati in Girdlestone, con un HHS medio di 47 (Tab. II).
Al confronto tra i due gruppi non si sono osservate differenze nel grado di dismetria degli arti inferiori (p = 0,958). Al contrario, all’analisi dell’offset nel gruppo B è stata riscontrata una incidenza piu alta di discrepanza dell’offset rispetto all’anca controlaterale, risultando nella maggior parte dei casi diminuito, sebbene senza significato statistico.
Discussione
In Letteratura sono presenti studi che confermano la superiorità funzionale della procedura two-stage rispetto alla procedura di Girdlestone, nel contesto del trattamento delle infezioni d’anca periprotesiche 1,12.
Il presente studio si poneva l’obiettivo primario di valutare la funzionalità e l’aspetto radiografico dei pazienti dopo il reimpianto della protesi, in seguito a trattamento chirurgico di revisione two-stage eseguito con o senza spaziatore di cemento.
Nella casistica dello studio i pazienti del gruppo B sono risultati più anziani, con più comorbidità preoperatorie e spesso con una maggiore perdita di sostanza sia a livello osseo che dei tessuti molli. Questo ha permesso di suddividere naturalmente i pazienti nei due gruppi in quanto quelli con maggiori complicanze sia a livello internistico che ortopedico sono stati preferenzialmente sottoposti a una procedura senza spaziatore. Infatti, sebbene l’intervento di revisione di protesi d’anca two-stage con l’utilizzo di spaziatori in cemento sia considerato il gold standard per il trattamento delle PTA con infezione cronica 22,23, in caso di gravi difetti ossei e dei tessuti molli il rischio di cedimento meccanico e progressiva perdita ossea giustifica il non utilizzo dello spaziatore. Inoltre, è doveroso ricordare che l’utilizzo di uno spaziatore in cemento comporta necessariamente un secondo intervento chirurgico per la sua rimozione o sostituzione con una protesi definitiva; per cui in pazienti potenzialmente non idonei a un secondo intervento per cause anestesiologiche può essere preferibile procedere primariamente con l’intervento di Girdlestone.
In Letteratura è stata riportata un’incidenza di complicanze meccaniche degli spaziatori in cemento intorno al 22-58% 24,25, ed è particolarmente elevata nei pazienti con ampia osteolisi acetabolare o femorale 26,27; le principali complicanze meccaniche riportate sono le fatture o lussazioni degli spaziatori (16,4%) e le fratture femorali 8-10 Nel presente studio è stata riscontrata una ridotta incidenza di complicanze meccaniche rispetto a quanto riportato in Letteratura. Ciò probabilmente è stato determinato dalla selezione di pazienti con buone condizioni anatomiche locali.
In 7 pazienti del gruppo A (19,4%) a causa di una recidiva di infezione prima del reimpianto è stata necessaria una seconda pulizia chirurgica con rinnovo del cemento spaziatore, dato in accordo con la Letteratura che riporta un tasso di rinnovo degli spaziatori compreso tra il 6% e il 21% 4,28,29.
L’utilizzo di uno spaziatore parrebbe comportare un minor dolore post-operatorio, inizio più rapido della riabilitazione, riduzione della degenza ospedaliera e un raggiungimento precoce del recupero funzionale 1,12,30,31.
Il reimpianto della protesi definitiva senza aver utilizzato lo spaziatore è più complesso a causa della difficoltà di identificazione dei piani chirurgici, localizzazione delle strutture ossee e creazione dello spazio per alloggiare la protesi; infatti, nei casi di fibrosi estesa è necessario un tempo chirurgico prolungato. Al contrario, se si utilizza lo spaziatore, durante il reimpianto, i piani chirurgici e le strutture ossee sono più facilmente identificabili, rendendo l’intervento mediamente più breve.
La durata della terapia antibiotica è stata mediamente inferiore nel gruppo senza spaziatore a causa di una ridotta tolleranza alla somministrazione di antibiotici a lungo termine in alcuni pazienti con maggiori comorbilità.
La Letteratura riporta che nell’84-100% degli interventi di revisione con tecnica two-stage, si riesce ad ottenere un’eradicazione completa dell’infezione dopo reimpianto della protesi. Tale dato risulta essere compatibile con quello del nostro studio, dove il tasso di eradicazione dell’infezione è dell’89,5%, con una differenza non significativa tra i tassi di recidiva di infezione tra i due gruppi (11,7% vs 8,7%, rispettivamente per gruppo A e gruppo B). Resta da sottolineare come in Letteratura esistano evidenze contrastanti a questo riguardo: Cabrita et al.1 hanno osservato un tasso di infezione più basso dopo il reimpianto usando uno spaziatore rispetto alla Girdlestone. Marczak et al. 12,37, invece, hanno riportato un rischio infettivo due volte superiore per i pazienti trattati con spaziatore.
Non vi è chiarezza neanche sugli esiti funzionali che si possono ottenere a seconda del trattamento scelto, sebbene le evidenze sembrino favorire l’uso dello spaziatore, in linea con i risultati di questo studio. In particolare, esistono perplessità in merito ai risultati funzionali successivi all’artroplastica di resezione, nonostante l’affidabilità di questa procedura nell’eradicare la reinfezione 27,38. Marczak et al. 12,37, hanno riportato migliori risultati funzionali per i pazienti trattati con spaziatore. Cabrita et al. 1 non hanno evidenziato differenze statisticamente significative tra il gruppo che utilizzava uno spaziatore rispetto a quello in cui non è stato usato. Hsieh et al. 31, hanno confrontato pazienti trattati con Girdlestone e perle di cemento caricate con antibiotici versus spaziatori di cemento caricati con antibiotici, l’uso dello spaziatore ha mostrato un grado di funzionalità più elevato e migliore capacità deambulatoria durante il periodo intermedio.
Per quanto riguarda il ripristino della lunghezza degli arti nei pazienti reimpiantati, nel presente studio si sono ottenuti buoni risultati a prescindere dall’utilizzo dello spaziatore. Questo risultato può essere considerato positivo rispetto a quelli riportati da Alexeeff et al. 39, che hanno riscontrato discrepanza fino a 3 cm anche in caso di utilizzo di uno spaziatore, e con i dati riportati da Charlton et al. 38, che hanno ottenuto una correzione completa solo nel 50% dei pazienti dopo il trattamento con spaziatore.
Il nostro studio presenta alcuni limiti: in primo luogo, il disegno dello studio retrospettivo è soggetto a bias di selezione; infatti, nel gruppo B sono stati inclusi pazienti più anziani con maggiori comorbidità, per i quali si è preferito non utilizzare lo spaziatore. Inoltre, la funzionalità dei pazienti del gruppo B era peggiore già in fase pre-operatoria. In secondo luogo, sebbene sia stato utilizzato un protocollo standardizzato in due tempi, non è stato possibile annullare numerose variabili, tra cui: l’aggressività della pulizia chirurgica, la durata dell’intervallo libero da protesi e la selezione del modello di protesi per il reimpianto. Anche l’interruzione della terapia antibiotica a lungo termine in accordo con le indicazioni dell’infettivologo ha mostrato variazioni tra i due gruppi trattati. In terzo luogo, per quanto riguarda l’esito funzionale, la raccolta dei dati è stata condotta come autovalutazione da parte di ciascun paziente in base alle voci del HHS; pertanto, la stima dei risultati funzionali è soggetta a limitazioni. Infine, sempre relativamente alla valutazione funzionale, è da evidenziare un significativo bias di attrito poiché il 25,8% dei pazienti nel gruppo B non è stato sottoposto a reimpianto.
Conclusioni
I risultati di questo studio suggeriscono che è possibile ottenere risultati funzionali superiori grazie all’utilizzo di spaziatori in cemento antibiotato per il trattamento two-stage delle infezioni croniche di protesi d’anca.
Tuttavia, in base alle limitazioni descritte, la conferma di tali risultati potrà essere ottenuta solo secondariamente alla conduzione di studi prospettici su larga scala.
L’intervento di espianto della protesi infetta senza reimpianto (procedura di Girdlestone) può essere eseguita come procedura definitiva in pazienti non idonei al trattamento two-stage o al posizionamento dello spaziatore.
Contribuito degli Autori
AM, MF: scrittura bozza originale; MB, AP, MFil: compilazione database; MF, MB: analisi statistica; AS, RD revisione; MFil, AP: metodologia; MD: concettualizzazione e supervisione. Tutti gli Autori hanno letto e approvato la versione finale dell’articolo.
Figure e tabelle
Totale (n = 67) | Gruppo A (n = 36) | Gruppo B (n = 31) | P-value | |
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Sesso, M:F | 35:32 | 20:16 | 15:16 | 0,593 |
Età (anni) | 68,4 ± 18,3 (37-92) | 62,1 ± 13,7 (37-77) | 75,9 ± 10,4 (61-92) | 0,021 |
IMC (kg/m2) | 27,5 ± 3,1 (23,5-33,4) | 26,8 ± 2,8 (23,5-31,2) | 27,5 ± 3,3 (24,3-33,4) | 0,388 |
Fistole (n., %) | 21 (31,2) | 10 (29,6) | 11 (33,4) | 0,904 |
ASA score | 2,7 ± 0,5 (1-4) | 2,4 ± 0,6 (1-4) | 2,9 ± 0,4(2-4) | 0,811 |
CCI | 3,8 ± 1,4 (2-7) | 2,3 ± 0,7 (2-5) | 5,6 ± 2,2 (3-7) | < 0,001 |
Intervallo tra impianto ed espianto (mesi) | 42,4 ± 36,5 (2-122) | 39,7 ± 38,1 (2-114) | 45,9 ± 35,8 (5-122) | 0,204 |
I valori sono riportati solo come numeri, media ± deviazione standard (intervallo), o numeri (%). | ||||
Gruppo A: pazienti sottoposti a trattamento two-stage utilizzando lo spaziatore in cemento, Gruppo B: pazienti sottoposti al trattamento two-stage senza utilizzo di spaziatore. | ||||
M: maschi, F: femmine, IMC: indice di massa corporea, ASA score: American Society of Anesthesiologist score, CCI: indice di Comorbidità di Charlson. |
Totale (n = 67) | Gruppo A (n = 36) | Gruppo B (n = 31) | P-value | |
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Durata media I intervento chirurgico (min) | 152,4 ± 21,4 (63-184) | 151,5 ± 22,9 (64-184) | 154,1 ± 19,1 (72-178) | 0,755 |
Osteotomia trocanterica estesa (n., %) | 28 (41,8) | 16 (44,4) | 12 (38,7) | 0,292 |
Perdite ematiche stimate (mL) | 4,9 ± 1,3 (1-6) | 4,7 ± 0,5 (1-5) | 5,3 ± 0,7 (1-6) | 0,433 |
Durata media degenza (giorni) | 16,9 ± 12,6 (7-24) | 13,9 ± 7,7 (7-19) | 21,8 ± 19,5 (10-24) | 0,044 |
Durata terapia antibiotica (giorni) | 59,4 ± 13,4 (42-87) | 73,8 ± 7,2 (42-87) | 49,4 ± 1,9 (46-79) | 0,049 |
Patogeni maggiormente riscontratia | ||||
MRSA | 17 | 8 | 9 | |
MSSA | 13 | 7 | 6 | |
MR CoNS | 13 | 7 | 6 | |
MS CoNS | 18 | 11 | 7 | |
Enterococcus spp. | 10 | 4 | 6 | |
Streptococcus spp. | 4 | 2 | 2 | |
Citrobacter spp. | 1 | - | 1 | |
Reimpianti | 57 (85,1) | 34 (94,4) | 23 (74,2) | < 0,001 |
Tempo trascorso tra I stage e II stage (giorni)b | 125 ± 39 (60-321) | 110 ± 33 (60-185) | 142 ± 46 (66-321) | 0,074 |
Durata media II intervento chirurgico (min) | 149,2 ± 33,7 (77-236) | 112,1 ± 29,4 (77-179) | 176,7 ± 36,9 (82-234) | < 0,001 |
Dismetria arti inferioric (mm) | -16,2 ± 8,5 (-2 to -34 | -16,4 ± 7,3 (-1 to -27) | -16,2 ± 8,3 (-2 to -34) | 0,958 |
Discrepanza off-setc (mm) | -9,5 ± 2,8 (-3 to -13) | -8,3 ± 2,6 (-3 to -11) | -17,4 ± 2,3 (-7 to -13) | 0,066 |
Harris hip score | 68,3 ± 11,3 (31-89) | 77,1 ± 6,7 (54-89) | 56,2 ± 10,2 (31-73) | < 0,001 |
Recidiva infezione periprotesicad | 6/57 (10,5) | 4/34 (11,7) | 2/23 (8,7) | 0,396 |
I valori sono riportati solo come numeri, media ± deviazione standard (intervallo), o numeri. | ||||
Gruppo A: pazienti sottoposti a trattamento two-stage utilizzando lo spaziatore in cemento, Gruppo B: pazienti sottoposti al trattamento two-stage senza utilizzo di spaziatore. | ||||
MR: Meticillino-resistenti, SA: Staphylococcus aureus, MS: Meticillino-sensibile, CoNS: Stafilococchi coagulasi negativi. | ||||
a:76 patogeni in 67 pazienti; b: in pazienti sottoposti al secondo step del trattamento; c: in 51 pazienti con protesi in sede e ben posizionata al follow-up finale non sono state osservate recidive di infezione; d: Valutata in pazienti sottoposti a reimpianto della protesi. |