Abstract
Q1 - È possibile identificare determinati pazienti come a maggior rischio di tromboembolismo venoso (TEV) rispetto ad altri?
Riposta/Raccomandazione. Alcune categorie di pazienti sono riconosciute come a maggior rischio di tromboembolismo venoso (TEV).
Forza della Raccomandazione. Limitata.
Voto dei delegati. D’accordo 94.63%, in disaccordo 2.93%, astenuti 2.44% (forte consenso).
Razionale. Sono stati pubblicati numerosi studi per identificare meglio le tipologie di pazienti con rischio di TEV elevato. Secondo la letteratura attuale il rischio di TEV aumenta nei pazienti con ipoalbuminemia, malattie infiammatorie, indice di massa corporea (IMC) non ottimale, adenocarcinoma in fase attiva e neoplasie ematiche maligne, discrasie ematiche, insufficienza renale cronica (IRC) e/o virus dell’immunodeficienza umana (HIV). Inoltre, è stata studiata l’eventuale associazione tra etnia e TEV.
Diversi studi hanno valutato l’associazione tra ipoalbuminemia e TEV. Uno studio del 2019 su 188 pazienti con carcinoma gastrico avanzato ha riportato una concentrazione media di albumina sierica significativamente più bassa negli individui che avevano avuto episodi di TEV rispetto ai controlli come variabile indipendente nell’analisi multivariata (3.38 mg/dL vs 3.65 mg/dL rispettivamente) 1. Un’analisi multivariata ha indicato che l’ipoalbuminemia era significativamente correlata al TEV, fornendo un’ulteriore prova dell’associazione. Un altro studio, focalizzato sull’identificazione dei fattori di rischio per TEV in pazienti sottoposti a intervento di artroprotesi di spalla (PTS), ha rilevato nei pazienti con TEV una maggior probabilità di avere un livello preoperatorio di albumina inferiore a 3.5 g/dL2. Infine, uno studio condotto in Cina, con l’obiettivo di identificare incidenza e fattori di rischio per TEV in pazienti con cancro del polmone, ha riscontrato un numero significativamente superiore di TEV nei pazienti con ipoalbuminemia (albumina < 3.5 g/dL) come fattore di rischio indipendente 3.
La letteratura attuale suggerisce che l’infiammazione sia un fattore di rischio per TEV. L’attivazione di piastrine e leucociti può innescare il sistema di coagulazione attraverso l’induzione del fattore tessutale 4. Uno studio pubblicato nel 2018 sull’European Heart Journal mostra che pazienti con artrite reumatoide (AR) e psoriasi lieve hanno un rischio significativamente aumentato di TEV, dopo aggiustamento per i fattori di rischio tradizionali 5. Al contempo, i pazienti con psoriasi grave e artrite psoriasica in terapia con farmaci antireumatici hanno un rischio di TEV elevato ma non statisticamente significativo. Un’altra ricerca condotta in Svezia ha indicato un aumento del rischio di TEV all’aumentare dell’attività della malattia nell’AR 6. Il rischio di TEV aumenta anche nei pazienti con malattia infiammatoria intestinale cronica (MICI), inclusa la colite ulcerosa e il morbo di Crohn 7,8. Una ricerca pubblicata dall’associazione canadese di gastroenterologia stima che questo rischio nelle MICI sia tre volte superiore 9. Infine, i pazienti con fibrosi cistica possono avere un aumentato rischio di TEV a causa della trombofilia secondaria all’infiammazione, per l’uso di cateteri venosi centrali e per la diminuzione delle proteine anticoagulanti 10.
Il mantenimento di un IMC ottimale è un modo per mitigare il rischio di andare incontro a TEV. Uno studio del 2020 di Pahlkotter et al. ha mostrato che nei pazienti con obesità patologica (IMC > 40 Kg/m2) sottoposti a procedure chirurgiche d’urgenza la probabilità di diagnosticare un’embolia polmonare (EP) è 1.7 volte quella di pazienti con IMC normale. L’aumento dell’IMC è risultato anche associato alla co-diagnosi di EP e trombosi venosa profonda (TVP). Inoltre, nei pazienti con IMC < 18.5 Kg/m2 o > 40 Kg/m2 il rischio di TEV era 1.4 volte quello dei pazienti con IMC normale 11.
È stato dimostrato che tutte le forme di cancro, più comunemente l’adenocarcinoma attivo, aumentano il tasso di TEV aumentando i livelli di leucociti, piastrine e microvescicole positive al fattore tessutale (TF1). La letteratura suggerisce che, in linea di massima, i tipi di cancro possono essere suddivisi in 3 gruppi in base al rischio di TEV. I tipi di cancro ad alto rischio includono tumori di: pancreas, ovaio, cervello, stomaco, tumori dell’apparato ginecologico e neoplasie ematologiche. Il cancro del colon e quello del polmone rientrano nel gruppo a rischio intermedio di TEV, mentre la categoria a basso rischio di TEV è costituita da tumore del seno e della prostata 12. Anche le neoplasie ematiche maligne sono associate a un rischio più elevato di TEV 13-15. Questo sottogruppo rappresenta un unicum in quanto i pazienti sono sottoposti a terapia che può essere trombogenica 13. Il rischio complessivo di TEV nei pazienti leucemici dipende dall’uso del trattamento con L-asparaginasi, dall’età avanzata, dalle comorbilità e dai cateteri venosi centrali 13. I soggetti con leucemia promielocitica acuta hanno un rischio particolarmente alto di TEV, ma anche un aumentato rischio di emorragia 13. Nei pazienti con linfoma aggressivo si riscontra un’elevata incidenza di TEV, pari a circa il 10% 13. I pazienti con mieloma multiplo a più alto rischio di TEV sono quelli che ricevono agenti immunomodulatori come talidomide e lenalidomide 13. Il trapianto eterologo di cellule staminali comporta un rischio di trombosi, in particolare nei pazienti che sviluppano la malattia del trapianto contro l’ospite 13.
Alcune popolazioni con discrasie ematiche sono state identificate come a maggior rischio di TEV. L’anemia falciforme risulta essere associata al TEV ed è più comune nelle popolazioni africane e afroamericane 16. Kujovich et al. hanno dimostrato che la trombofilia da deficit del fattore V di Leiden è caratterizzata da una scarsa risposta anticoagulante alla proteina C attivata (PCA) e da un aumentato rischio di TEV. L’evidenza suggerisce che l’eterozigosi per la variante di Leiden ha tutt’al più un modesto effetto sul rischio di recidiva dopo il trattamento iniziale per un primo TEV. Un breve ciclo di profilassi anticoagulante in presenza di fattori di rischio circostanziale può prevenire la prima trombosi negli eterozigoti con variante di Leiden 17. In uno studio prospettico di coorte Tormene et al. hanno descritto come i difetti dell’antitrombina, della proteina C e della proteina S siano fattori di rischio ereditari ben noti per il TEV negli adulti. Lo screening per la trombofilia nei bambini che appartengono a famiglie con questi difetti sembra giustificato per identificare coloro che possono trarre beneficio dalla tromboprofilassi nelle situazioni a rischio di trombosi 18.
L’IRC è associata a un aumento di circa due volte del rischio di TEV e a un tasso di mortalità per TEV più elevato rispetto alla popolazione generale 19. L’aumento del rischio di TEV è classificato da velocità di filtrazione glomerulare (VFG) in declino e dall’albuminuria. La VFG è anche inversamente correlata al Fattore VIII, componente essenziale nella cascata della coagulazione; la ridotta VFG osservata nei pazienti con IRC in pratica innalza i livelli di Fattore VIII e aumenta la coagulabilità del sangue fino ad aumentare il rischio di TEV.
I pazienti HIV-positivi sono in uno stato di ipercoagulabilità intrinseca. Le proteine virali del HIV aggrediscono la funzione dell’endotelio attraverso meccanismi che riducono la sintesi di monossido di azoto e sovraregolano la proteina 1 chemioattrattante monocitaria e l’adesione; ciò si traduce in una maggior attivazione/adesione di leucociti e piastrine all’endotelio 20. Un recente studio clinico multicentrico su 110 pazienti HIV-positivi e 240 HIV-negativi ha mostrato un aumento dei tassi di TEV sintomatico nel gruppo HIV-positivo dopo intervento di artroprotesi di anca (PTA) o di ginocchio (PTG). Una regressione logistica multivariata, aggiustata per sesso, fumo, anamnesi di TEV e protesi articolare, ha identificato l’HIV come predittore indipendente di TEV 21. Quanto alla carica virale, alcuni autori hanno concluso che una carica virale più elevata, e una conta cellulare di CD4+ più bassa, era associata a un rischio più alto di TEV 22, mentre altri non hanno trovato correlazioni 23.
Gli studi che hanno preso in considerazione l’etnia hanno prodotto risultati molto variabili. Diversi studi suggeriscono che gli afroamericani abbiano un’incidenza maggiore di TEV rispetto agli ispanici e agli abitanti delle isole asiatiche-pacifiche 2,24. Per contro, uno studio condotto nell’ambito di un sistema sanitario integrato non ha riscontrato differenze significative nel tasso di TEV postoperatorio tra bianchi, afroamericani e ispanici. Comunque, il modello di assicurazione universale considerato nello studio non rispecchia l’attuale sistema statunitense 25,26; nelle comunità in cui l’accesso alla salute non è così solido, non è chiaro se questi risultati siano applicabili. In conclusione, alcuni pazienti possono essere identificati come a maggior rischio di TEV. La letteratura attuale rivela un’associazione tra TEV e le seguenti comorbilità: ipoalbuminemia, malattia infiammatoria, IMC non ottimale, adenocarcinoma attivo e neoplasie ematologiche, discrasie ematiche, IRC e/o presenza di HIV. Inoltre, è stata studiata l’etnia senza riscontrare una chiara associazione con il rischio di TEV. Per tutti i fattori proposti come elevatori del rischio sono comunque necessari ulteriori studi per sviluppare terapie di mitigazione del rischio adeguate allo specifico processo della malattia.
Jeremiah Taylor, William Jiranek, Jerzy Bialecki, Ronald Navarro
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